domenica 04 Giugno 2023

ALLE PRESE CON UN CONFINE DIVENTATO PIU’ PROBLEMATICO

Portualità, logistica, manifatturiero e industrie energivore, come acciaierie, laminatoi e produttori di pannelli per l’industria del mobile. Sono i capisaldi dell’economia del Friuli Venezia Giulia che stanno già soffrendo a causa degli stravolgimenti determinati dalla pandemia che ha di fatto “fermato” la globalizzazione, rallentando l’afflusso delle materie prime e facendo aumentare il costo dell’energia. Con la guerra in Ucraina, ora siamo arrivati al blocco dei rifornimenti delle materie prime dal Paese Est europeo e dalla Russia da dove, tra l’altro, arriva il petrolio che, tramite il Porto di Trieste, alimenta Baviera, Austria e Repubblica Ceca. Insomma, sopra il rilancio dopo il primo anno di pandemia, l’economia regionale vede la grande ombra della crisi.

Non è ancora finita la crisi pandemica, che ha creato una polarizzazione nella società e sta rendendo più deboli le persone che la Uil rappresenta e ora siamo travolti dalla crisi in Ucraina, per i morti e il dramma dei profughi, ma anche per le conseguenze economiche sul sistema Europa e Italia, la crisi energetica, l’aumento dell’inflazione che oramai sembra strutturale.

In questo scenario stravolto si innesta oggi il Pnrr che per noi non è uno slogan, ma un’opportunità per il miglioramento della società che noi vogliamo accompagnato da occupazione stabile. E si innesta la battaglia per gli aumenti salariali nei rinnovi contrattuali, adeguati alla perdita d’acquisto delle retribuzioni, il contrasto al diffuso problema del ‘lavoro povero’ che nella nostra regione si accompagna al lavoro frontaliero, per lo più non regolare.

È l’altro lato della vocazione internazionale del Friuli Venezia Giulia, che convive con un confine caratterizzato storicamente da movimenti di forza lavoro frontaliera, concorrenza fiscale e burocratica, cui si è poi aggiunta la questione dei migranti e, da ultima, quella dei profughi ucraini. Secondo le stime del responsabile del Dipartimento internazionale della Uil del Friuli Venezia Giulia, Michele Berti, sono almeno 10mila i lavoratori frontalieri che entrano da Slovenia e Croazia, e di questi solo il 10% sono titolari di un rapporto di lavoro regolare. Questi ultimi sono soprattutto cittadini italiani che hanno preso casa oltreconfine dove hanno trasferito la residenza. Le norme sull’assegno unico, in vigore da poco più di un mese, tuttavia stanno spingendo anche loro verso il lavoro “grigio”.

L’esclusione dei lavoratori frontalieri dalla misura dell’assegno unico universale interessa in particolare il Friuli Venezia Giulia, dove si concentra la maggior parte di questo tipo di lavoro. È determinata dai requisiti per accedere alla misura: il primo non aggirabile, ovvero la residenza e il domicilio in Italia; il secondo, il pagamento dell’Irpef in Italia. A questo si aggiunge la necessità di presentare l’Isee per determinare l’entità del contributo, che però possono fare solo i residenti. Senza l’Isee, infatti, si ottiene solo l’assegno minimo.

La Uil ha sollecitato questa modifica col governo sin dalle prime bozze, sottolineando che è intenzione della Uil insistere facendo pressione, cifre alla mano su lavoratori esclusi e diminuzione del reddito, per andare a modificare il testo, anche perché confligge con le norme comunitarie, ovvero l’Italia rischia anche una procedura di infrazione.