venerdì 09 Giugno 2023

LA RIPRESA PRECARIA

Sarà una ripresa precaria. Le avvisaglie provenienti dalle statistiche diffuse da Bankitalia e Unioncamere non lasciano presagire nulla di buono per l’occupazione in Puglia, perché se è vero che la ripresina sulla carta c’è, è ancor più vero che la stragrande maggioranza dei posti di lavoro creati è a tempo determinato o comunque di forma estremamente precaria.

Certo, la tendenza è la stessa in tutta la penisola, ma il fatto che Atene non rida mentre Sparta piange, la teoria del mal comune mezzo gaudio non aiuta di certo a lenire i dubbi e la frustrazione di tanti lavoratori che avevano immaginato una luce diversa in fondo al tunnel della pandemia, che avevano riposto ben altre speranze nelle prospettive post emergenziali.

I numeri dicono che entro la fine di gennaio sono previste in Puglia oltre 33mila assunzioni, con un vero e proprio boom tra gli under 30. Ma, da un’analisi più approfondita si evince che, dallo scorso novembre, poco più del 13% di queste nuove assunzioni sono state a tempo indeterminato, contro un 66% a tempo determinato, più un restante venti per cento circa suddiviso tra contratti in somministrazione, co.co.co. e altre tipologie non dipendenti (al netto delle “finte partite Iva”, che le statistiche non colgono, ma dilagano nel “mondo reale” del lavoro).

Ma il vero timore è che tale fenomeno sia destinato a stabilizzarsi, a causa di un tessuto economico e industriale incapace di assorbire la richiesta di lavoro, che da anni naviga a vista senza uno straccio di programmazione, subendo le rapide evoluzioni dei mercati internazionali. Le principali aziende del territorio – si pensi a Bosch, Ilva, Leonardo – una volta motori trainanti dell’economia locale e punti di riferimento nazionali, rischiano di essere tagliate fuori, addirittura travolte dalle conseguenze della transizione ecologica e dalle logiche della globalizzazione, alle quali il Paese si sta facendo trovare impreparato, incapace di partorire un piano industriale futuribile. A ciò si aggiunga che il 74% del bacino imprenditoriale pugliese è composto da piccole e medie imprese che si affidano a un mercato interno che arranca e che per giunta pagano a caro prezzo l’aumento fuori controllo delle fonti di energia e delle materie prime, il quale sta mettendo in ginocchio settori storicamente vitali per la Puglia come quello manifatturiero.

Moriremo tutti precari? No, non ce lo possiamo permettere e abbiamo il dovere di mettere in campo ogni iniziativa possibile per scongiurare tale eventualità. Ma come per la pandemia, è chiaro che da una simile situazione non se ne esce da soli: occorre iniziare a ragionare su ampia scala, convogliare investimenti corposi sul Mezzogiorno e metterli in rete sfruttando le potenzialità logistiche e strutturali dei territori. La direzione tracciata dalla segreteria nazionale della UIL è quella giusta: proporre un’idea di Paese solidale, equa, sostenibile, attraverso una corretta redistribuzione del reddito, una formazione costante e di qualità, un cambio di passo che riporti il lavoro, dignitoso e in sicurezza al centro del dibattito politico, fra gli obiettivi da perseguire nell’immediato futuro, affinché nessuno resti indietro.