domenica 04 Giugno 2023

Da eroi a dimenticati: i lavoratori della sanità che hanno salvato migliaia di vite umane

La pandemia ci ha mostrato lo straordinario valore dei lavoratori e dei servizi pubblici, ma ha fatto emergere anche i problemi causa da decenni di tagli che li hanno impoveriti.

Con lo scoppio della pandemia improvvisa, ormai due anni fa, i lavoratori della sanità, nella tragedia dell’incertezza e nella concitazione del momento, sono rimasti in prima linea, senza risparmiarsi, con scarsi strumenti di sicurezza individuale, rischiando e purtroppo anche perdendo la propria vita per salvare migliaia di vite umane.

Lavoratori che non tornavano neanche a casa per il terrore di infettare i familiari, con i propri cari intenti ad accudire figli in Dad o anziani non autosufficienti, ferie bloccate, straordinari non retribuiti, turni massacranti per il decennale blocco del turn-over, prepensionamenti e migliaia di assenze per l’infezione da Covid in servizio.

Dopo la prima fase emergenziale, grazie anche alle pressanti sollecitazioni della Uil e della Uil-Fpl, con la sottoscrizione dei protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro, finalmente le lavoratrici e i lavoratori sono stati dotati degli appropriati dispositivi di sicurezza individuali e hanno potuto tirare un primo e corto sospiro di sollievo grazie al calo delle ospedalizzazioni, a studi più adeguati in merito alle terapie e a cure più calzanti per affrontare la pandemia.

Sicuramente le condizioni lavorative dei professionisti della sanità hanno tratto beneficio dall’introduzione dei vaccini, anche se, purtroppo, l’insorgere di nuove varianti sta, di nuovo, mettendo a dura prova il Paese, il suo sistema sanitario vittima di tagli lineari nell’ultimo ventennio e la tenuta psico-fisica dei lavoratori.

Lavoratori che stanno aspettando gratificazioni normative ed un rinnovo contrattuale da anni, i pubblici da oltre 3 anni e I lavoratori delle Rsa da 10 anni.

Non serve averli chiamarli eroi se poi, non gli vengono riconosciuti dignità e rispetto.

Stiamo aspettando, da mesi, la realizzazione degli impegni sottoscritti nel Patto per l’innovazione pubblica e la coesione sociale siglato l’11 marzo con il Presidente Draghi e il Ministro Brunetta e non abbiamo alcuna intenzione di fare mezzo passo indietro.

Gli impegni del Patto rappresentano solo una base di partenza sulla quale costruire la Pubblica Amministrazione del futuro, e non un punto di arrivo.

Al momento, abbiamo una base di partenza su cui ci stiamo confrontando da settembre: dopo lo sciopero, abbiamo almeno registrato nella Legge di Bilancio il raddoppio dei fondi per la classificazione del personale mentre, sulle stabilizzazioni, si va finalmente verso l’estensione della riserva dei posti anche per coloro che hanno contratti di lavoro flessibile.

Oggi con i contagi di nuovo alle stelle e i reparti ospedalieri che si stanno riconvertendo in reparti covid, è necessario dare ancora più voce alla rabbia e alla delusione dei lavoratori della sanità.

Sembra che la pandemia non abbia insegnato nulla alla politica, che continua a svolgere un mero ruolo ragionieristico: manca una visione complessiva per la riorganizzazione dei servizi pubblici essenziali attraverso un vero Piano di assunzioni straordinario, la stabilizzazione dei precari pluriennali e la piena valorizzazione delle competenze e delle professionalità dei lavoratori. Non possono bastare più le briciole: il Paese ha bisogno di investimenti importanti sulla sanità, sulla riorganizzazione dei servizi territoriali, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sulla qualità del lavoro e dei servizi erogati ai cittadini.