Per costruire un’Europa sociale serve anche un sindacato forte che sappia rappresentare i diritti e gli interessi dei lavoratori; e questo non solo sui “tavoli” tecnici della Commissione dove il sindacato può far valere le proprie ragioni: occorre anche sensibilizzare il Parlamento, a partire dalle forze politiche più attente ai temi del lavoro, per coinvolgere i parlamentari a portare avanti, in quella sede, le rivendicazioni e le proposte del sindacato. E poi servono dei sindacati nazionali che sappiano convincere i propri governi sulle scelte migliori da fare in Europa.
È questo il metodo che ha portato, nel giugno scorso, all’approvazione di un’importante norma che è entrata a far parte della nuova Politica agricola comune (Pac): la condizionalità sociale per la concessione degli aiuti comunitari alle aziende. Per poter ricevere gli aiuti previsti dalla Pac, le aziende agricole, oltre alle norme che le impegnano sull’ambiente e sul benessere animale, dovranno rispettare anche i contratti e le leggi sociali del lavoro. L’applicazione della normativa sarà facoltativa dal 2023 e obbligatoria dal 2025 e dovrà compiutamente attuarsi nelle diverse declinazioni legislative nazionali.
È del tutto evidente il valore e l’importanza di questa norma sociale sul lavoro che è la prima, in assoluto, introdotta nella legislazione comunitaria. E resta anche il grande risultato conseguito dal sindacato europeo del settore agricolo, l’EFFAT, che ha saputo effettivamente sensibilizzare, coinvolgere e collaborare con le forze politiche, presenti nel Parlamento europeo, sensibili a questo tema. Tra queste, in particolare, il gruppo socialista con Paolo De Castro e l’europarlamentare tedesca Maria Noichl e il gruppo dei verdi.
Quando nell’ottobre del 2020, il Parlamento europeo approvò l’emendamento sulla condizionalità sociale nella futura PAC, in pochi scommisero che questa norma sarebbe potuta “sopravvivere” nei negoziati del “trilogo” con la Commissione e il Consiglio dell’UE. Occorre sottolineare come il governo italiano, con i ministri Patuanelli e Orlando, abbia avuto un ruolo importante in questa affermazione, svolgendo, nell’ambito del Consiglio dei ministri UE, una forte azione di sostegno all’emendamento approvato dal Parlamento.
Ma la condizionalità sociale nella PAC è anche una grande vittoria del sindacato italiano che, unitariamente, da oltre 20 anni ha portato avanti questa istanza, ha convinto il sindacato europeo a sostenerla e ha svolto, in questi ultimi anni, una costante pressione sul governo italiano, prima su quello presieduto da Conte e poi, finalmente, sul governo Draghi.
L’accordo definitivo sulla riforma della PAC sarà approvato a novembre ma i segnali che già arrivano da Bruxelles indicano che siamo sulla buona strada. L’impegno di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil nel nostro paese sarà quello di procedere già dal 2023 all’attuazione di questa norma che contribuirà a migliorare le condizioni dei lavoratori agricoli ma anche a tutelare meglio le aziende sane che subiscono la concorrenza sleale di chi non rispetta i diritti del lavoro.