Il 2 maggio 2017 oltre a segnare l’entrata in Amministrazione Straordinaria di Alitalia, ha rappresentato uno dei più grandi fallimenti industriali nel nostro Paese.
Tra i tanti motivi che hanno portato Alitalia dai fasti ed orgoglio italiano al fallimento, non bisogna dimenticare la gestione dei “capitani coraggiosi” del 2009 e la sciagurata gestione dal 2014 di ETIHAD. In quegli anni fu molto dura la nostra opposizione e denuncia pubblica: solo come Uil e Uiltrasporti portammo avanti questa battaglia contro coloro che scaricavano le loro colpe su un costo del lavoro che invece era in linea con quello delle altre compagnie concorrenti.
Tutto ciò nel totale disinteresse dei Governi del momento.
La politica ha, di fatto, regalato il mercato del trasporto aereo all’estero, sebbene sia una leva importante per il turismo che prima della pandemia contribuiva per il 14% al PIL e sebbene sia un asset strategico per la mobilità delle persone.
L’Italia ha bisogno di una compagnia di bandiera. Soprattutto abbiamo bisogno di un mercato libero ma regolato, di qualità e di sicurezza in tutte le sue sfaccettature.
Con il precedente Governo avevamo condiviso un progetto organico per il rilancio del settore che partiva da questi presupposti, purtroppo interrotto dalla sua caduta prima di vedere la conclusione.
Di quella visione ci rimane una norma di legge importante che dovrebbe regolare la concorrenza con l’eliminazione del dumping salariale, individuando il CCNL di settore quale riferimento minimo retributivo per poter operare negli aeroporti.
Per il resto ci rimane solo un grande pasticcio. Tutto ciò nell’inquietante e assordante silenzio del Governo Draghi.
Ci sarà lo spezzatino e la Compagnia nascerà solo col ramo AVIATION e con un piano industriale troppo poco coraggioso. Augurandoci che ce la faccia a stare in piedi fino al 2025 dal momento che non potrà contare su segmenti che tutte le altre compagnie di bandiera hanno nel proprio perimetro.
In tutto questo pasticcio i lavoratori sono quelli che rischiano di pagare il biglietto più salato.
Non viene meno però la voglia di lottare per una Compagnia che vogliamo nasca e si sviluppi con condizioni migliori per reggersi nel mercato, per i lavoratori assunti per i quali rigettiamo l’idea di non applicare loro il CCNL bensì un regolamento aziendale con condizioni capestro e non smetteremo di lottare per i lavoratori che da Alitalia verranno assunti nei prossimi anni, per i quali vogliamo un programma di ammortizzatori sociali che li copra completamente per tutta la durata del piano industriale.
E non smetteremo di lottare per un mercato regolato dove le imprese devono concorrere per la qualità che riescono ad esprimere e non comprimendo le tutele e i diritti dei lavoratori.
Questo va fatto per il rispetto delle lavoratrici e dei lavoratori e per il bene del Paese che deve costruire il suo rilancio dal valore del lavoro.