lunedì 05 Giugno 2023

IL SUMMIT DI PORTO E IL FUTURO DELL’EUROPA SOCIALE

Questo è un momento cruciale per l’Europa sociale. L’emergenza COVID ha messo a dura prova i nostri sistemi sanitari e di welfare, ha esacerbato le diseguaglianze, minacciando posti di lavoro e diritti individuali e collettivi. Tuttavia, Next Generation EU e i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza offrono l’opportunità di costruire un modello economico più sostenibile e inclusivo, abbandonando le politiche di austerità e neoliberiste del passato.

Il 7 maggio scorso, le istituzioni UE e le parti sociali si sono riunite a Porto alla presenza dei Capi di Stato e di Governo, per sottoscrivere l’impegno a sostenere il Piano di Azione per l’implementazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, pubblicato dalla Commissione qualche mese fa. Con le misure di emergenza dell’estate scorsa e con Next Generation EU, l’Unione europea ha segnato una significativa discontinuità rispetto al passato, ma ora è necessario rilanciare l’agenda sociale se vogliamo che la ripresa porti più equità e inclusione.

La strategia per la crescita dovrà assicurare una transizione ecologica e digitale in cui nessuno sia lasciato indietro, ma perché questo slogan si traduca in realtà è necessario che gli investimenti dei piani nazionali producano posti di lavoro di qualità nei territori più colpiti da queste trasformazioni.  Ciò richiede politiche attive per il lavoro, programmi di qualificazione e riqualificazione, misure per la salute e sicurezza, sistemi di protezione sociale universali con prestazioni adeguate. 

Dobbiamo proteggere il lavoro e il reddito dei lavoratori toccati dalla crisi, dobbiamo sfruttare gli investimenti per costruire un modello economico redistributivo e più giusto, che superi la dittatura del PIL e punti al benessere delle persone. La dimensione sociale e del lavoro deve essere integrata nei piani di ripresa e resilienza, non venire a cose fatte, come compensazione o palliativo.

Il Pilastro Sociale è il nuovo fondamento della dimensione sociale europea, e il lancio di un Piano d’Azione per la sua implementazione attraverso misure concrete è un grande traguardo, per il quale il sindacato europeo si è battuto sin dai tempi della sua proclamazione a Göteborg nel 2017. Da allora l’UE ha introdotto nuove misure contro il dumping sociale e salariale, per i congedi parentali, si sono rafforzati i diritti dei lavoratori precari e cambiate le priorità della spesa pubblica, introducendo nuove condizionalità sociali nel Semestre Europeo. Ma tutto questo non è sufficiente, soprattutto perché ben poco si è fatto nel frattempo a livello nazionale.

Ci sono urgenti priorità da affrontare: misure per alzare i salari bassi e avviare una convergenza salariale verso l’alto, per assicurare che tutti i lavoratori godano dei contratti collettivi, che il diritto alla formazione professionale sia accessibile a tutti. Ci aspettiamo una risposta contro la discriminazione di genere sui luoghi di lavoro, che si promuovano occasioni di lavoro dignitoso per i giovani proteggendoli contro condizioni precarie e insicure.  Ci aspettiamo che il lavoro a distanza venga normato e che si garantisca il diritto alla disconnessione.  È necessario che la spesa per investimenti sia vincolata alla creazione di posti di lavoro di qualità e a protezioni sociali universali.  È necessaria una riforma radicale del Patto di Stabilità e delle regole fiscali europee e una stabilizzazione dello strumento SURE.

Molte di queste proposte sono contenute nel Piano d’Azione, che indica l’ambizione dell’UE sulla base delle iniziative legislative e delle risorse finanziarie. I tre target di convergenza entro il 2030 in materia di occupazione (78% della popolazione in età lavorativa), di accesso alla formazione professionale (60%) e di emersione della povertà (15 milioni di persone), contenuti nel Piano d’Azione, costituiscono un elemento concreto per il superamento delle diseguaglianze e delle arretratezze del nostro Mercato Unico e per la piena realizzazione della “economia sociale di mercato” principio fondante dell’Unione Europea.

Il punto critico è che queste importanti iniziative e strumenti rientrano solo in parte nelle competenze dell’Unione Europea. È perciò indispensabile che i governi, con un pieno coinvolgimento delle parti sociali, esprimano impegni reali e verificabili per la loro implementazione. È esattamente questo il senso della Dichiarazione di Porto, in cui istituzioni europee e parti sociali esplicitano l’impegno a mettere in atto i principi del Pilastro Sociale e ad implementarne il Piano d’Azione, con i suoi tre targets di convergenza.  I governi, a loro volta, hanno sottoscritto il proprio impegno nelle conclusioni del Consiglio Europeo informale tenutosi il giorno seguente.

L’azione ammirevole del Primo Ministro Portoghese Antonio Costa e di chi lo ha sostenuto (noi tra questi, attraverso durissimi negoziati con gli imprenditori) ha permesso di raggiungere un risultato per certi versi storico: non era mai successo che un Summit Sociale europeo si concludesse con una dichiarazione di questo livello, e che le conclusioni di un Consiglio Europeo fossero dedicate esclusivamente ai temi sociali.

Non solo il bicchiere non è mezzo vuoto, ma è per tre quarti pieno.  Ora si tratta di passare dalle buone intenzioni ai fatti, lavorando perché le iniziative del Piano di Azione e la dimensione sociale nei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza diventino realtà.  La nostra battaglia continua e abbiamo bisogno dell’impegno di tutti per vincerla.