Niente è stato trascurato né, tantomeno, lasciato indietro: tutto ciò che caratterizza la Regione Emilia Romagna, nel Patto per il Lavoro e per il Clima, c’è. Scrivo Patto perché è così che si chiama, trattandosi infatti di un accordo, ma, per noi, quelle trentotto pagine, fitte fitte, indicano la direzione verso cui la nostra Emilia Romagna andrà nel prossimo decennio. Il Patto è la nostra bussola.
Non è la prima volta che la Uil Emilia Romagna firma un simile documento: il primo Patto risale al 2015 e ci ha, letteralmente, salvati dagli sconquassi di un’economia instabile perché, allora come oggi, il Patto va oltre la contingenza, anticipa temi e soprattutto raddrizza le storture che i provvedimenti nazionali producono.
La logica che sottende al Patto 2021 è la stessa: tutti insieme, nel rispetto delle singole specificità, ma avendo ben chiaro l’obiettivo finale. All’interesse particolare, qui si antepone quello generale. Grazie a questo modus operandi, nel Patto, ad esempio, la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile sono punti forti. Basti pensare alla riconversione energetica che ci porterà ad usufruire di energie rinnovabili al 100% oppure, come ricaduta immediata, alla trasformazione del porto di Ravenna in un hub verde. Tutto questo messo nero su bianco ben prima dell’arrivo del governo Draghi, con il suo ministero ad hoc.
Per non parlare del rischio dello sblocco dei licenziamenti, qui risolto in modo diretto: il Patto impegna le imprese a non agire in modo unilaterale, procedendo a licenziamenti collettivi. Ricorrendo così a tutti quegli strumenti, ammortizzatori sociali in primis, che tutelano il posto di lavoro e quindi la tenuta sociale della nostra comunità. Ma non solo. Queste pagine aprono il confronto sul tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e pongono uno stigma molto forte sugli appalti al ribasso e al sistema inveterato dei subappalti. Dove si annida l’illegalità.
Sulla legalità e sul rispetto delle norme, che non sono un costo bensì un investimento, la Uil sta conducendo una battaglia fortissima: le infiltrazioni mafiose nella nostra economia non sono più ipotesi investigative, ma condanne. Come Uil Emilia Romagna, laddove i giudici ce lo hanno concesso, ci siamo sempre costituiti parte civile. E, purtroppo in assoluta solitaria, stiamo denunciando massicce infiltrazioni criminali in Romagna. La mafia abita in Romagna e anche in Emilia. Per questo nel Patto ci siamo battuti affinché questa lotta avesse il giusto peso, con risorse e investimenti.
Questa, in estrema sintesi, la visione che sottende al Patto: la riorganizzazione del sistema fieristico e aeroportuale; l’apertura dei cantieri per le infrastrutture; la digitalizzazione; la scuola con una forte accelerazione sulla formazione tecnica; il diritto allo studio da salvaguardare e potenziare e gli investimenti sulla ricerca. Ultimo, ma non per questo meno importante, anzi, il doppio caposaldo: sanità e welfare su cui non si accettano tagli, ma solo risorse aggiuntive. Il welfare – e la pandemia ahimè ce lo ha dolorosamente insegnato – va ridisegnato. A cominciare dall’incremento del fondo per la non autosufficienza. Quanto alla sanità, fermo restando la nostra assoluta eccellenza, va qualificata la rete ospedaliera, vanno rafforzati i presidi sanitari territoriali (a partire dalle Case della Salute), occorrono fondi per la telemedicina e soprattutto per l’assistenza domiciliare.
Il Patto è tutto questo, ma è anche molto di più: è la traduzione plastica della volontà di ciascuno di dare il proprio contributo per un’Emilia Romagna migliore che sa correre, dando un futuro ai propri figli, ma che non lascia indietro nessuno.